lunedì 30 dicembre 2019

TRE SEMPLICI PROPOSTE PER LA SCUOLA

Non servono sempre i soldi per fare una buona riforma della scuola.Suggerisco al neoministro dell'Istruzione nonché collega Azzolina le seguenti proposte che, se attuate, ritengo migliorerebbero,secondo me, le condizioni della scuola italiana: 1.Vietare la bocciatura nella scuola dell'obbligo.Introdurre il sistema finlandese che ha dato ottimi risultati negli apprendimenti:attuare, al posto della bocciatura,corsi di recupero obbligatori da svolgersi in orario curriculare per gli alunni che hanno carenze in alcune dispcipline per metterli al passo degli altri. 2.Ripristinare la platea scolastica la cui abolizione ha creato scuole d'élite e scuole ghetto in nome di una concorrenza che svantaggia chi opera in quartieri a rischio. 3.Introdurre il sistema duale tedesco a livello di scuola media,per evitare la dispersione scolastica dovuta a un sistema che non sa orientare e ritiene che gli istituti tecnici e professionali siano di serie B, mentre i licei sarebbero di serie A, quando le attitudini sono diverse e vanno incoraggiate quelle per le quali siamo portati.

mercoledì 11 dicembre 2019

Il gap del Sud nelle competenze

Nell'articolo apparso su Repubblica dell'11/12 "Un'altra scuola per il Sud" di Tito Boeri, l'eccellente economista ed ex presidente dell'INPS ipotizza che il gap del Sud nelle competenze linguistiche e matematiche, come si evidenzia da sempre nei test dell'INVALSI,derivi dal fatto che i genitori meridionali non partecipino alla vita della scuola, mentre quelli settentrionali sì.Il problema del gap quindi non starebbe nello svantaggio socio-economico del Meridione. Con tutto il rispetto per Tito Boeri,io penso che il motivo vero del gap è che la scuola al Sud è considerata inutile da genitori e alunni perché non dà più la certezza del lavoro,data la desertificazione industriale che qui è avvenuta e questo spiega anche l'emigrazione dei giovani laureati meridionali all'estero.Se si resta qui, capita che un ingegnere debba fare lo spazzino con la carenza di lavoro che c'è.Insomma il titolo di studio risulta assolutamente svalutato.E questo ci rimanda alle condizioni socio-economiche che Boeri ha scartato.Se non vogliamo che il Sud si spopoli e diventi un ospizio per anziani,va fatto un massiccio investimento per il Mezzogiorno che colmi le differenze, il contrario dell'autonomia differenziata che avvantaggia le regioni ricche.

venerdì 6 dicembre 2019

Bocciare alla scuola media non serve, anzi e' controproducente

Maria Luisa Iavarone, nell’analizzare i dati Ocse-Pisa che evidenziano basse competenze nella comprensione del testo da parte degli alunni italiani, ritiene che il problema sta nel fatto che la scuola media bocci poco (98% di promossi all’esame di terza media) e che quindi “la scuola media dev’essere più rigorosa e selettiva “(dal titolo dell’articolo apparso su “Repubblica” di Napoli il 6/12).Ma se si bocciano gli alunni e più volte abbiamo un solo risultato: l’aumento della dispersione scolastica e con esso il rischio di devianza e di arruolamento nella camorra, proprio il fenomeno contro cui combatte la Iavarone con la sua associazione. Il punto è che la scuola dell’obbligo (altra cosa sono le superiori) non deve bocciare, ma mettere tutti in condizione di recuperare le insufficienze, come fanno in Finlandia, dove appunto non si boccia e i risultati scolastici sono eccellenti. Considerare la scuola d’obbligo e bocciare è una contraddizione in termini, perché rischia di essere bocciato chi è già svantaggiato per le condizioni socio-economiche di provenienza. Per favorire il recupero, occorrerebbe però che i docenti lavorino in compresenza, di modo che uno dei due insegnanti possa dedicarsi al gruppo di alunni che deve recuperare e l’altro al gruppo che va potenziato. Ma questo richiede maggiori investimenti nella scuola(siamo sempre al punto dolente). La scuola media è l’anello debole del sistema perché l’età prepuberale è terribile e gli alunni a quest’età cominciano a sfidare gli adulti e gli insegnanti, a bullizzare i più deboli, a rifiutare le regole sociali. Ma non si risolve il problema con l’abolizione della scuola media, come propone Salvini né bocciando di più. Ci vogliono più insegnanti o meno alunni per classe. Eugenio Tipaldi,dirigente dell’I.C. “D’Aosta-Scura” di Napoli

venerdì 8 novembre 2019

COMUNE E STATO SENZA SOLDI,MA NON INCOLPATE I PRESIDI

LETTERA DI DENUNCIA PUBBLICATA SU REPUBBLICA CRONACA DI NAPOLI 8/11/2019 Riconosciamo all’assessore all’Istruzione Annamaria Palmieri impegno e serietà nell’intervenire sui problemi della scuola per quel che può e comprendiamo che il Comune di Napoli non ha i soldi per garantire la manutenzione delle scuole di base (infanzia, primaria e scuola media; delle superiori se ne occupa la Provincia o adesso Città metropolitana) salvo ricorrere ai fondi europei, cosiddetto “Patto per Napoli” di cui il nostro plesso scolastico “Paisiello” ai Quartieri beneficerà per la sistemazione dei cornicioni pericolanti e il rifacimento dell’‘impermeabilizzazione del terrazzo di copertura soggetto a infiltrazioni. Ma il punto è questo: se il Comune che è proprietario degli immobili scolastici non ha i soldi, se lo Stato centrale non ha disponibilità in finanziaria, tanto è vero che il Ministro dell’Istruzione Fioramonti si vuole dimettere, tutte le responsabilità in caso di incidenti si scaricano sul dirigente scolastico considerato “datore di lavoro” dal decreto legislativo 81 del 2008 riguardante la sicurezza delle scuole. Adesso scopro che tra le tante incombenze, il dirigente scolastico come datore di lavoro ha anche il compito di far misurare il radon negli edifici scolastici e attuare misure di protezione in caso il valore di radon superi i 500 Bq/m3.Ovviamente ci vuole un esperto qualificato che lo misuri, ma chi lo paga? Le scuole superiori possono fare affidamento sulle tasse obbligatorie che i genitori pagano per la frequenza scolastica. Ma le scuole di base, dove i contributi sono volontari o inesistenti, non c’ è disponibilità di risorse. Ecco perché ci stiamo battendo per la modifica del decreto legislativo 81 del 2008 laddove individua noi presidi come datori di lavoro. Lo Stato si assuma le sue responsabilità come proprietario degli immobili scolastici, noi non siamo più disponibili a far da scaricabarile. Dispiace poi che ci vadano di mezzo i tecnici comunali, a loro volta incolpevoli del dramma della mancata sicurezza degli edifici scolastici. Pongo anche un’altra questione, relativa alla sicurezza. Proprio oggi ho dovuto dire alla mamma di una bambina affetta da sindrome di Lennox Gastaut che non posso autorizzare le maestre a darle da mangiare (frequenta una quinta elementare a tempo pieno). Finora le maestre, a loro rischio e pericolo, la imboccavano, ma adesso, in seguito ai richiami sulla sicurezza che ho dovuto fare ai docenti dopo la disgrazia del bambino morto in una scuola primaria di Milano, esse giustamente si rifiutano. Non ci hanno dato un assistente materiale presso il plesso scolastico “Gianturco”, seppure richiesto (quello che avevamo alcuni anni fa è andato in pensione e non è stato mai sostituito). La mamma mi ha detto che non manderà la bambina a scuola. In questo caso, anche in mancanza di risorse, io credo che il Comune possa intervenire, spostando un assistente materiale da una scuola dove ci sono casi meno gravi al nostro plesso per un caso così grave. Se la coperta è corta, qualcuno dovrà restare scoperto… Eugenio Tipaldi dirigente scolastico dell ’Istituto Comprensivo “D’Aosta-Scura” di Napoli

mercoledì 31 luglio 2019

PROPOSTE SULLA SCUOLA

Il PD s’interroga su cosa ha sbagliato sulla scuola, dove ha perso parecchi consensi. Faccio una premessa. La politica non può inseguire i consensi a prescindere, ma deve salvaguardare il bene comune. Il male della politica odierna è proprio quello di inseguire il consenso a breve degli elettori, senza avere una visione del futuro. Non si devono soddisfare gli interessi particolari, ma mirare all’interesse comune. Detto questo, andiamo nel merito. Dove ha sbagliato il PD sulla scuola? Nell’aver sistemato un esercito di precari, senza passare per i concorsi (questo è populismo, soddisfare gli interessi di una parte a scapito di altri meno rappresentati, in questo caso i neolaureati che trovano i posti occupati da chi ha fatto parecchi anni di supplenza e solo per questo è diventato di ruolo). Questi medesimi, non soddisfatti di aver avuto il ruolo, hanno preteso di avvinarsi alla loro terra d’origine, mentre le cattedre mancavano soprattutto al nord, e hanno ottenuto grazie ai sindacati di avere assegnazioni e trasferimenti, facendo venir meno il principio di continuità didattica. Questo è il punto da salvaguardare. Chi ottiene l’assegnazione a una scuola deve permanervi come minimo cinque anni. Il cambio di docenti di anno in anno, a causa della possibilità di trasferimento permanente, crea situazioni abnormi, specie quando si tratta di alunni diversamente abili che hanno bisogno di una continuità dell’insegnante di sostegno. Della 107/2005 salverei il potenziamento, la possibilità cioè di avere un organico dell’autonomia con più docenti, anche se non sempre sono stati assegnati gli insegnanti richiesti dalla scuola per una determinata disciplina, cosa da correggere; il merito ai docenti che ora vorrebbero sottrarre al solo giudizio del dirigente scolastico che è l’unico che può, insieme ai suoi collaboratori, giudicare la validità di un insegnante; il bonus docente che ha consentito ai docenti di aggiornarsi e che ora si vuole togliere per motivi economici; la chiamata diretta dei supplenti in base al curriculum e non alla graduatoria, perché non sempre i titoli corrispondono al merito. Insomma, tenendo conto di quanto scritto in premessa, la 107 non era una pessima riforma. Aggiungerei come proposta il ripristino della platea scolastica per la scuola di base (infanzia, primaria e media) per evitare che nei quartieri a rischio si creino scuole ghetto, perché i genitori degli alunni più dotati li iscrivono nelle scuole dei quartieri benestanti. Renderei la scuola dell’infanzia obbligatoria e diffonderei maggiormente gli asili per i più piccoli per favorire il lavoro delle donne. Darei la cittadinanza ai figli di immigrati che studiano da noi per 10 anni. Darei più risorse alle scuole dove i test INVALSI certificano basse competenze, perché vuol dire che il livello socio-economico e culturale di provenienza è basso e deve essere sostenuto da politiche di welfare(dare incentivi alle famiglie povere che mandano i figli a scuola per esempio, per combattere la dispersione scolastica, e dare agli stessi libri gratuiti fino all’obbligo scolastico). Eugenio Tipaldi

venerdì 12 luglio 2019

I risultati delle prove INVALSI confermano il divario nord-sud

Le prove INVALSI confermano quanto già si sapeva:gli alunni del Sud hanno competenze più basse di quelli del Nord.Il ministro Bussetti, commentando i risultati dell'INVALSI, rilancia la questione della valutazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, come se la questione riguardasse la buona volontà e non il contesto socio-culturale deprivato.D'altra parte, il ministro, già in un'intervista in visita ad Afragola, aveva sbottato che che gli insegnanti meridionali dovevano rimboccarsi le maniche. Noi diciamo che la buona volontà non basta per recuperare gli svantaggi socio-economici che poi diventano anche culturali.Sposo in pieno quanto afferma Marco Rossi-Doria in un'intervista al "Fatto Quotidiano":"Occorre intervenire in età molto precoce con gli asili nido,sostenere le famiglie più deboli,fare delle alleanze educative tra i servizi pubblici territoriali...,istituire il tempo pieno nella scuola primaria e nella scuola media dei quartieri difficili e migliorare la formazione professionale soprattutto nel Mezzogiorno." Il principio è quello di Don Milani: dare di più a chi ha di meno e non come vorrebbe fare la Lega di Salvini con la proposta di autonomia differenziata, dare di più a chi ha di più (un plauso a Di Maio che ha bloccato la proposta della regionalizzazione della scuola. sperando che non torni indietro). L'INVALSI si è accorto che alcune scuole sono ghettizzate, soprattutto al Sud, perché i figli dei poveri sono concentrati in alcune scuole e i figli dei ricchi in altre.Per evitare questo, occorre ripristinare la platea scolastica, costringendo i genitori tutti a iscrivere i loro figli nelle scuole del territorio fino alla terza media (lascerei libera l'iscrizione solo per le scuole superiori).Invece, in nome di una concorrenza che non ha senso nella scuola pubblica, si è consentito la libera iscrizione per tutti i gradi di scuola: e il risultato è appunto la ghettizzazione, impedendo la formazione di classi equieterogenee nei quartieri a rischio.. Non possono certo i presidi rimediare alla ghettizzazione, se gli alunni migliori vanno a iscriversi nelle scuole dei quartieri benestanti, dopo aver frequentato la scuola primaria nel proprio quartiere.

mercoledì 29 maggio 2019

Telecamere nella scuola dell'infanzia? E' un provvedimento populista

L’ennesimo provvedimento populista di questo governo è quello di far installare obbligatoriamente le telecamere nei nidi e scuole d’infanzia e negli ospizi per anziani. Per populismo s’intende assecondare la reazione emotiva del popolo senza aiutarlo a ragionare. Faccio un esempio: dopo un efferato delitto, il popolo richiede per il colpevole del misfatto la forca, ma i nostri principi costituzionali, sull’orma di Cesare Beccaria, rifiutano la pena di morte. Per i ladri si vorrebbe il taglio della mano, ma i nostri principi sociali aborrono questa condanna. Per i violentatori Salvini vuole la castrazione chimica, ma la legge del taglione non fa parte della nostra Costituzione. Ora può essere giusto far installare e obbligare a conservare i dati negli ospizi per anziani, dove spesso si sono state scoperte scene di angherie e soprusi sui vecchietti. Si tratta di un’attività privata e chi la intraprende, come risponde degli obblighi di sicurezza e di igiene, può e deve essere obbligato a installare anche le telecamere, senza oneri per lo Stato. Lo stesso vale per i nidi e gli asili privati. Ma perché obbligare anche le scuole dell’infanzia statali? Non nego che anche in quest’ultime sono state scoperte angherie e violenze nei confronti dei bambini, ma quando c’era il sospetto, il dirigente scolastico allertava i carabinieri che all’insaputa delle maestre, installavano le telecamere. Questo sistema funzionava e sono state scoperte le vessazioni di alcuni insegnanti ma anche ,a volte, l’innocenza di altre insegnanti che venivano ingiustamente accusate dai genitori. Perché fare di tutt’un erba un fascio e gettare il sospetto su tutta la scuola dell’infanzia che nella sua stragrande maggioranza è costituita da docenti dedite al lavoro e al sacrificio quotidiano nell’amorevole cura di queste creature? E’ la reazione populista: fare di un problema singolo un problema generale. Se ruba, uccide o violenta una donna un extracomunitario, sono tutti ladri, assassini e violentatori gli extracomunitari, come se i nostri connazionali non siano soggetti anch’essi dediti a questi delitti. Spiace che anche il PD, a quanto pare, approvi questo provvedimento populista insieme alla Lega e al M5S. Nella scuola statale è il dirigente scolastico che vigila, a cui si rivolgono i genitori, le maestre colleghe, i bidelli in casi di sospetta violenza. E’ singolare la mancanza di fiducia nei propri funzionari da parte dello stato, tanto da costringerli anche a prendere la mattina le impronte per accertare che siano in servizio! Anche qui si fa di un’erba un fascio: siccome nei ministeri, in alcuni ospedali e comuni, i dirigenti non hanno controllato e anzi si assentavano per primi, si condannano alle forche caudine tutti i dirigenti, compresi i dirigenti scolastici che nella stragrande maggioranza portano l’onere di far funzionare dignitosamente le scuole d’Italia, nonostante l’esiguità delle risorse e la fragilità delle strutture.

venerdì 3 maggio 2019

SCUOLA COME “GRANDE FRATELLO”

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La concezione di Salvini della scuola è da “1984”, il geniale romanzo di George Orwell. Prima la richiesta della rilevazione biometrica del personale della scuola proposta dal suo ministro di riferimento Bongiorno e accettata dal ministro dell’istruzione Bussetti, salvo escludere i docenti per l’opposizione del M5S. Poi la richiesta di telecamere in classe. E’ il “Grande Fratello” o, se volete, il ”Panopticon”, il carcere ideale progettato da Jeremy Bentham, che era fatto in modo tale che da qualunque angolo si potevano sorvegliare i detenuti. Manca solo la registrazione audio per completare il processo di sorveglianza totale della scuola: così si potranno sanzionare i docenti che parlano di comunismo o che sono favorevoli alla teoria “gender”.

giovedì 18 aprile 2019

SULLA POLEMICA DELLE VACANZE SCOLASTICHE TROPPO LUNGHE

La campagna di stampa sulle vacanze pasquali troppo lunghe a scuola quest'anno (perché si attaccano con il ponte del 25 aprile e per alcuni istituti scolastici con il ponte del 1 maggio)è fuorviante.Si confonde la necessità delle famiglie che lavorano in questi giorni con il bisogno di custodia dei figli. Ma la scuola non è una baby-sitter. Essa deve assicurare i 200 giorni di lezione e ogni regione stabilisce il calendario scolastico,cui il Consiglio d'Istituto,dove sono presenti anche i rappresentanti dei genitori,può aggiungere altri giorni di sospensione didattica,nel rispetto di tale tetto.Se si vuole intrattenere gli studenti a scuola anche in queste vacanze,nei pomeriggi, il sabato quando molte scuole sono chiuse, e d'estate (ricordiamo anche la polemica sulle vacanze estive troppo lunghe),si paghino le associazioni di educatori che possono assolvere allo scopo.Lasciate che i docenti ( e i dirigenti scolatici) si riposino da un lavoro entusiamante quanto si vuole, ma oggi molto stressante.E anche gli studenti hanno bisogno di una pausa dallo studio ogni tanto.Ben vengano le scuole aperte per fare teatro,arte,musica, sport,come ha proposto l'associazione TreeLLLe, attività affidate appunto agli educatori. I genitori ( e i giornalisti) si preoccupassero di più per le strutture scolastiche fatiscenti, vera emegenza del paese.

lunedì 8 aprile 2019

LA SCUOLA DEI DISEGUALI

Sull'ultimo numero dell'"Espresso" è apparso un interessante articolo sulla scuola finlandese, che ,com'è noto, è una scuola d'eccellenza.Nell'articolo che s'intitola:"Nella scuola degli uguali", si spiega che tutti gli alunni, a prescindere dalle condizioni economiche e sociali, raggiungono gli stessi obiettivi didattici ed educativi.Qual è il segreto di tali eccellenti risultati? Forse il fatto che sono in Filandia solo 5 milioni di abitanti contro i 60 milioni in Italia?No,l'autrice dell'articolo spiega: "Come si fa a garantire ad ogni ragazzo le stesse opportunità di farsi strada per proprio merito,, e non per capitale familiare?"E' facile:applichiamo un principio di discriminazione positiva" risponde Taimela (un' insegnante finlandese).Ovvero: investono di più non dove già si brilla, ma dove c'è maggior bisogno.Nei quartieri più difficili.Nelle aree più povere.Lì, le classi luccicano, per essere un vero trampolino.Più che dove le famiglie possono già garantire molto.Una prospettiva che sembra lontanissima,vista da Roma." In Italia si investe nelle scuole allo stesso modo, come se fossero tutti eguali.Ma- come dice don Milani,"non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali." Purtroppo nessun governo né di destra né di sinistra né tantomeno l'attuale, ha realizzato la vera rivoluzione che serve alla scuola italiana: dare di più laddove ce n'é bisogno. Investire per esempio nei quartieri dove cè la maggiore dispersione scolastica, la presenza della criminalità e delle devianze, la povertà economica che diventa anche educativa. La nostra scuola, come certificano le prove INVALSI, rimane profondamente disuguale:si raggiungono meno competenze al sud che al nord, nelle periferie urbane che nei quartieri ricchi.La nostra scuola non fa che certificare il divario della provenienza sociale.

venerdì 29 marzo 2019

A scuola non serve il controllo sulle impronte digitali e il riconoscimento dell'iride per i professori

Non è la prima volta che si fanno leggi sulla pubblica amministrazione in generale, senza tener conto della specificità della scuola.E' il caso recente della Commissione Affari costituzionali della Camera che ha dato il via libera ai controlli su pubblici dipendenti attraverso le impronte digitali e il riconoscimento dell'iride.Che siano opportuni e necessari, lo rivelano gli episodi balzati algli onori delle cronache di dipendenti che strisciavano il cartellino anche per gli altri assenti che andavano al mare o in palestra o a fare la spesa. Famoso è il video del dipendente comunale sceso in mutande dal suo appartamento sopra all'ufficio comunale per marcare il cartellino e andarsene poi a dormire.Ma si tratta spesso di dipendenti comunali o dei ministeri, al massimo degli uffici degli ex provveditorati agli studi.Ma non ho notizia di professori che lasciano la scuola e vanno a fare altro, anche perchè subito si noterebbe che gli studenti rimangono da soli. Se dovesse succedere (caso rarisssimo), il dirigente scolastico ha tutte le armi per intervenire. Questo lo sa anche il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti che commentando il disegno di legge dice:"Sono favorevole ai controlli digitali all'ingresso delle scuole, ma non per questioni di controllo sull'assenteismo, piuttosto per ragioni di sicurezza.Un ministero deve sapere chi c'è all'interno di un edificio di 1200 persone."Il ministro teme che entrino a scuola persone estranee che si spacciano per professori? Non riesco proprio a capire.Poiché questi sistemi di sorveglianza hanno un certo costo e non mi sembrano necessari per le scuole, non è meglio spenderli per altri problemi più urgenti, per esempio la sicurezza statica degli edifici scolastici?

sabato 9 marzo 2019

Ma l'autonomia scolastica è una conquista, non si può tornare indietro!

L'autonomia scolastica compie vent'anni e molti la criticano addossandole tutti i mali della scuola odierna.Ma c'è molta confusione nelle critiche che si fanno.Innanzitutto bisogna considerare da dove si partiva: una scuola che dipendeva dai vertici del Ministero per la programmazione e dal Provveditorato agli studi per tutte le altre incombenze.E' questa scuola che si rimpiange? Non credo.La programmazione legata al contesto territoriale(POF) è stata una grande conquista. Ma vediamo le critiche principali. Si dice che l'autonomia avrebbe causato il progettificio.I progetti da realizzare nella scuola vengono definiti dal Collegio dei docenti che ha tutto il potere di selzionarli e di approvare quelli che ritiene più pertinenti. Si dice che sono state poste le scuole in concorrenza.Questo però non dipende dall'autonomia delle scuole, ma dal fatto che è stata abolita la platea. Si dice che i dirigenti scolastici hanno troppo potere.Questo è vero, l'autonomia scolastica richiede un potere/responsabilità del preside che prima (nella scuola verticistica) non aveva.Ma il problema è che non si è formata un middle management che supporti il dirigente e questo a causa di una visione piattamente egualitarista dei sindacati della scuola che non ammettono gerarchie, senonché tutte le istituzioni sono gerarchiche, pena la loro dissoluzione. Se una critica va fatta,secondo me, è che l 'autonomia s iè realizzata solo in parte, per esempio l'istituzione scolastica non ha ancora un'autonomia finanziaria,perché i finanziamenti che riceve sono per la gran parte vincolati, non ha un'autonomia didattica perché ci sono i paletti degli orari;le reti di scuole non sono state sufficientemente supportate.

domenica 27 gennaio 2019

CONDIVIDO IL DIVIETO DELL’USO DEI CELLULARI A SCUOLA

Quando la ministra Fedeli, disse sì allo smartphone in classe, vi scrissi che come dirigente scolastico ero assolutamente contrario. Adesso devo dire che condivido la proposta di divieto dell’uso dei cellullari che distraggono gli alunni dalle lezioni degli insegnanti o vengono usati nei cambi orari e nell’intervallo per filmare episodi da mettere in rete al fine di deridere il compagno più debole o l’insegnante meno autorevole . La linea del ministro Bussetti, a tale proposito, è rispettosa dell’autonomia scolastica: ogni scuola decida se e come far utilizzare lo smartphone a livello didattico; e così ogni singola scuola può decidere anche una deroga per gli insegnanti che lo utilizzano per compilare il registro on line. Il divieto imposto per legge serve a persuadere i genitori che non vogliono tagliare il cordone ombelicale ai loro figli, che se proprio i loro figli vogliono portare il cellulare lo devono tenere spento nello zaino e se lo usano quando non è consentito, deve essere sequestrato. Il problema sorge per la custodia. Non è ipotizzabile che tutti cellulari vengano custoditi in presidenza per 2 motivi: il preside non è presente in tutti i plessi scolastici che dirige ( a causa delle legge 111/2011 essi dirigono più scuole, forse ve lo siete dimenticato); se pure fosse un solo edificio scolastico a dirigere, non basterebbe la vasca da bagno, se ci fosse, per contenerli, come giustamente ha osservato il prof. Rusconi dell’ANP. E allora il ministro riprenda quella buona idea che espresse all’inizio del suo mandato: dotiamo le scuole di armadietti metallici che si chiudono a chiave, come negli Stati Uniti, dove gli alunni possono riporre i loro libri e i loro cellulari. Questa sì che sarebbe una rivoluzione! Finalmente avremmo una scuola che non fa portare agli alunni gli zaini pesanti sulle spalle distorcendo la loro colonna vertebrale, che fa fare i compiti a scuola (aumentando le ore dell’orario scolastico e la paga degli insegnanti, alla pari degli altri paesi europei) e introduce la mensa per tutti, studenti e operatori della scuola, dando centralità e importanza all’istruzione e alla formazione. Ma tutto ciò richiede finanziamenti dirottati verso la scuola, che al momento non si vedono, nonostante le buone intenzioni. Eugenio Tipaldi