domenica 18 giugno 2017

PERCHE’ SONO CONTRO IL PRESIDE ELETTIVO

Periodicamente ritorna il tema del preside elettivo, già caldeggiato dalla Gilda.. Scrive Reginaldo Palermo in Tecnica della scuola: “Il conflitto docenti/dirigenti scolastici sembra ormai ad un punto di non ritorno, almeno se si deve prestare fede a ciò che si legge in rete. Non passa giorno senza che nei social si leggano commenti pesanti - talora ai limiti della diffamazione - nei confronti della categoria dei dirigenti scolastici.” Ma non è con il preside elettivo che si risolve il conflitto. Occorre che il preside sia super partes e non prius inter pares, perché in tutte le organizzazioni, non solo in quella scolastica, vi è la necessità di autorità e di leadership. La contrarietà all’elezione deriva non tanto dal selezionare le competenze per concorso ,perché – come scrive Pasquale Almirante sempre in Tecnica della scuola- quelle si possono trovare anche senza concorso. Il problema è che l’elezione del preside fa venir meno l’imparzialità,; significa scendere a compromessi con gli “elettori” che non possono essere delusi, una volta che ti hanno dato il voto. Chi si ricorda di quando il vicepreside era elettivo e c’erano gli scontri tra i docenti per candidarsi alla carica, sa di cosa parlo. Se ti mostravi poco duttile nel concedere certi “favori”, non si era più eletti. Si dirà: ma noi proponiamo un preside che viene eletto una sola volta, con scadenza di cinque anni. E’ ancora peggio, perché si cristallizzeranno difetti che quando uno è eletto magari non sono emersi. Il contratto di un dirigente scolastico, invece, scade dopo tre anni, alla fine dei quali c’è una valutazione da parte di un organismo esterno che gli può confermare l’incarico o meno. Vi immaginate ,poi, il preside “eletto” che valuta i docenti che lo hanno eletto? A meno che non si è contro la valutazione dei docenti, quindi non è con la semplificazione di un preside elettivo che si sciolgono i nodi. Piuttosto la soluzione sta nel creare un “middle management”, un corpo intermedio di docenti che aiuti il dirigente scolastico, riconoscendo una carriera agli insegnanti. E per mantenere la democrazia della scuola ( senza che il preside diventi un autocrate), occorre che ci sia un bilanciamento dei poteri tra dirigenza scolastica, collegio dei docenti e consiglio d’istituto. Eugenio Tipaldi

martedì 13 giugno 2017

In difesa degli insegnanti

Chi parla degli insegnanti che fanno tre mesi di vacanza, non sa di cosa parla. Innanzitutto nel mese di giugno gli insegnanti della scuola dell’infanzia continuano a lavorare (le lezioni per quest’ordine di scuola finiscono il 30 giugno). Nel mese di giugno la maggior parte degli insegnanti di scuola media è impegnata negli esami. Nel mese di luglio la maggior parte degli insegnanti di scuola superiore è impegnata negli esami di stato. Solo gli insegnanti della scuola primaria si riposano di più dopo la fine delle lezioni (quest’anno il termine è stato il 9 giugno), sempre che il loro dirigente non abbia fissato degli impegni nel mese di giugno: corsi di formazione, lavori di commissioni o altro. Fatta questa doverosa precisazione, si deve aggiungere che il lavoro degli insegnanti non è come quello di un normale impiegato amministrativo. Insegnare ai bambini, ai ragazzi e ai giovani è faticoso e stressante. Occorre frenare la loro naturale esuberanza, occorre farsi ascoltare…E soprattutto non puoi stare senza fare niente e rinviare la lezione, come si fa con una pratica amministrativa, se quel giorno non hai voglia di lavorare. Come ha dimostrato l’eminente psichiatra Vittorio Lodolo D’Oria, l’80% dei docenti è stressato. C’è bisogno, quindi, di più di un mese di vacanza per ritemprarsi e poter riprendere a settembre. A chi invidia le “lunghe” vacanze degli insegnanti, quindi, risponderei: vieni a fare l’insegnante e poi mi dici… Purtroppo è stato riconosciuto solo agli insegnanti di scuola dell’infanzia la condizione di lavoro usurante. Non so come si procederà con insegnanti che vanno in pensione sempre più tardi e quindi con acciacchi che aumentano, e come si potrà procedere a fare scuola. Né è stata ancora riconosciuta una carriera degli insegnanti, per cui un anziano professore potrebbe ad esempio non fare più lezione ma affiancare un giovane docente in servizio nel tirocinio. Dulcis in fundo, si chiede a presidi e docenti stressati e malpagati di aprire le scuole anche d’estate. Bene ha fatto la ministra Fedeli a precisare che non tocca ai docenti svolgere queste attività socio-assistenziali, ma alle associazioni. Il lavoro di docente è altra cosa: è quello di educatore. Eugenio Tipaldi

lunedì 12 giugno 2017

LA RIVOLUZIONE PEDAGOGICA FRANCESE

Come al solito, è dalla Francia che arrivano le novità e le rivoluzioni. Mi riferisco al fatto che uno dei primi atti del presidente Macron è stato quello di vietare i compiti a casa . per un problema di eguaglianza (un tema- guarda caso- di sinistra!). Infatti, non tutti gli alunni hanno la possibilità di farsi aiutare da genitori acculturati o hanno la possibilità di farsi pagare un’ insegnante che lo segua. Per evitare discriminazioni, Macron vuole che i compiti si facciano a scuola, e imporrà che i docenti restino di più al lavoro per svolgere attività di doposcuola e/o di recupero. Non è dato di sapere se per questo i docenti saranno retribuiti di più ( per i nostri insegnati malpagati, sarebbe il caso). Sarebbe il caso che anche in Italia s’introducesse un obbligo del genere, specie nella scuola secondaria di I grado. Nella scuola primaria, dove funziona il tempo pieno, non è necessario. Avrebbe così anche un senso non bocciare nella scuola dell’obbligo. Molti insegnanti pensano che non sia giusto promuovere anche quelli che non lo meritano, per rispetto di chi si è impegnato. Gli alunni che hanno carenze dovrebbero seguire obbligatoriamente di pomeriggio i corsi di recupero. In Italia ci affida alla buona volontà degli insegnanti. Ci si limita a direttive del tipo: ”Cercate di non assegnare troppo; oppure cercate di non assegnare per il lunedì o per le vacanze”. Abbiamo una tradizione che ci impone di non scontentare nessuno, e per fare questo scontentiamo tutti. Al Governo, se rimane in carica, dico: abbiate il coraggio di prendere posizione e ,se la ritenete giusta, non importatevi delle proteste. Ci saranno sempre le proteste, qualunque posizione si prenda, come è accaduto per l’obbligo dei vaccini che è una legge-secondo me- giustissima. Ma c‘è sempre qualcuno che dice che così si lede la libertà personale, senza considerare la responsabilità collettiva. Martin Luther King diceva: “La mia libertà finisce dove comincia la vostra.” Era un altro rivoluzionario. Eugenio Tipaldi